# 1

La vita inizia con il concepimento

La vita umana comincia ben prima del concepimento, perchè lo spermatozoo e l’ovocita sono gia esseri viventi. E’ molto più pertinente parlare di quando si inizia ad essere senzienti, ossia dotati di sensi e di sensibilità. Gli studi dimostrano che ciò avviene intorno alla 23esima settimana.

Inoltre c’è una differenza cruciale tra il dire “la vita inizia con il concepimento”, e “la vita inizia con la nascita”. Legalmente e socialmente si riconosce come inizio ufficiale della vita la nascita, poichè il nuovo nato guadagna un’esistenza separata e gli vengono riconosciuti i suoi diritti. Il concetto di vita prima della nascita è soggettivo. Se la gravidanza è desiderata la donna, con i suoi amici e parenti, può celebrare privatamente la creatura in arrivo. Se invece la gravidanza è indesiderata e la donna desidera abortire, il feto non ha uno status e la cosa non riguarda nessun altro che la madre.

La Bibbia è a favore dell’aborto: “la vita inizia con il primo respiro”, ovvero la nascita. La Bibbia non considera il feto o il neonato più importanti della donna. Molti passaggi dell’Antico Testamento incoraggiano o ammettono l’assassinio di donne incinte e di neonati. Il profeta Geremia disse che avrebbe voluto essere abortito. Nel versetto 5 il concetto di aborto è associato alla punizione delle donne infedeli. La Bibbia non menziona mai la parola “aborto” ma utilizza piuttosto il concetto di “nascita prima del tempo”, che è citata in diversi passaggi ed è considerata una soluzione migliore rispetto al fatto di nascere e condurre una vita infelice. Inoltre i pochi passaggi citati dagli antiabortisti a sostegno della loro tesi sono applicabili a personalità importanti e specifiche (come i profeti o Gesù), e non hanno niente a che vedere con l’aborto e il concetto di feto in generale.

Fonti:

Anti-Choicers Don’t Have a Biblical Leg to Stand On, by Joyce Arthur

Pro-Choice Action Network, The Fetus Focus Fallacy

# 2

Il feto e´una persona dal momento del concepimento

Quando gli antiabortisti dicono che il feto è una persona sin dal momento del concepimento, la loro tesi si basa sul fatto che lo zigote consiste in una combinazione unica di DNA femminile e maschile che porterebbe all’esistenza di una persona unica, la quale sarebbe privata della possibilità di vivere se venisse abortita. Questa logica è fallace, poichè anche se vi è continuità dal concepimento alla morte, esiste una differenza tra una persona e il potenziale di un possibile essere vivente. Una “vita potenziale” non esiste ancora come persona o essere vivente, ma ha soltanto il potenziale di diventarlo, se la gravidanza arriva a termine e la creatura nasce viva. Allo stesso modo possiamo dire che una persona di 12 anni è un “potenziale conducente” poichè potrebbe ottenere la patente qualche anno più tardi, ma non è ancora conducente e potrebbe non diventarlo mai.

La vita potenziale non può avere più valore della vita effettiva della donna incinta che sarebbe compromessa, o addirittura sacrificata se fosse obbligata a partorire. Per farla semplice, le donne sono molto più importanti degli embrioni e dei feti. Le donne sono persone con diritti e con vita propria, i feti no.

Legalmente e socialmente si riconosce come inizio ufficiale della vita la nascita, poichè il nuovo nato guadagna un’esistenza separata e gli vengono riconosciuti i suoi diritti. Se i feti fossero soggetti giuridici, le donne incinte perderebbero il loro stato di persona e diventerebbero incubatrici mandatarie dello Stato, a discapito della loro salute e della loro vita. Il diritto internazionale e gli accordi globali sui diritti umani riconoscono che i feti non possono avere diritti, perchè questo comprometterebbe seriamente i diritti delle donne. Nei paesi dove ci sono importanti restrizioni circa l’accesso all’aborto, o dove c’è un alto numero di obiettori di coscienza, come Irlanda, El Salvador, Nicaragua, Polonia e Italia, i medici si sono rifiutati di intervenire su donne incinte con gravi complicazioni o su donne che rischiavano la vita e avevano bisogno di aborti terapeutici, fino a lasciarle morire.

Negli Stati Uniti le leggi sul “feticidio” miravano a proteggere le donne dalle violenze, ma hanno invece attribuito uno stato di persona ai feti, causando la persecuzione di centinaia di donne per presunti danni ai loro feti. Quando i feti sono considerati persone, le donne possono essere criminalizzate per un aborto o una morte intrauterina, oppure per qualsiasi comportamento che possa compromettere il feto, come bere alcolici, assumere droghe o guidare senza cintura. I tentativi di attribuire uno stato di persona al feto sono sconfinati nell’ambito civile e in quello medico. Ci sono stati infatti casi di cesarei forzati, di trasfusioni di sangue effettuati su donne incinte la cui religione non lo ammette, e persino casi in cui è stata negata la volontà della donna. In queste circostanze i diritti del feto, sia prima che dopo la soglia di sopravvivenza, sono stati prioritari rispetto a quelli della donna. E questo mette le donne in una condizione di cittadini di seconda classe, con diritti limitati, subordinate ai feti che portano in grembo.

Fonti:

Victims of Conscientious Objection

www.publiceye.org

Center for Reproductive Rights, Who’s Right to Life?

National Advocates for Pregnant Women

The prohibition on abortion constitutes violence against women  (International Federation for Human Rights)

Ireland Abortion: the Law is Failing Women  (Guardian)

# 3

Abortire equivale ad assassinare

Nei paesi occidentali, fortunatamente questo assunto è un’opinione personale, che non viene condivisa dalla maggior parte delle persone. I movimenti antiabortisti utilizzano concetti semanticamente fuorvianti come il paragonare l’aborto a un assassinio, o il chiamare il feto “neonato” o “bambino”.

L’assassinio è l’uccisione di una persona basata su un movente, commessa attraverso mezzi infidi o cruenti. Questo non ha niente a che vedere con l’aborto. Il feto non è una persona e non ha diritti, secondo gli accordi internazionali sui diritti umani, i precedenti della Corte Suprema in vari stati del mondo, e secondo le Costituzioni della maggior parte dei paesi occidentali. In ambito giuridico, la definizione di “persona” è: “colui che è nato vivo”. Inoltre “feto” è il termine corretto per un essere umano in via di sviluppo nel grembo materno, mentre “neonato” e “bambino” si riferiscono a una persona nata. Un feto è completamente dipendente da una donna per la sua sopravvivenza ed è inclusa nel suo corpo, mentre un neonato è un individuo separato.

L’aborto è legale almeno in alcune circostanze in quasi tutti i paesi del mondo, mentre l’assassinio è illegale dappertutto. Anche nei paesi in cui l’aborto è tassativamente vietato la punizione per chi abortisce è solitamente meno severa rispetto a quella riservata a un assassino. Ad esempio donne e medici in Irlanda rischiano fino a 14 anni di carcere per aborto, mentre la pena per omicidio è l’ergastolo.

Il concetto di “stato di persona” relativo a un feto è stato portato agli estremi negli Stati Uniti, dove in circa 35 Stati è stato criminalizzato l’aborto attraverso “le normative sul feticidio”, ossia in caso di morte intrauterina. Queste leggi sono state utilizzate soprattutto per perseguire centinaia di donne incinta, anche se gli antiabortisti americani dichiarano di non voler punire le donne ma piuttosto sottolinearne il loro ruolo di vittime dell’aborto stesso. Ma se l’aborto è un assassinio, allora vuol dire che le donne sono gli assassini? Il punto di vista antiabortista sembra sottointendere che l’aborto non sia un assassinio, oppure, paternalisticamente, che le donne siano incapaci di prendere una decisione morale, come i bambini piccoli, e che quindi non siano in grado di prendersi una responsabilità.

Fonti:

www.publiceye.org

Center for Reproductive Rights, Who’s Right to Life?

Wikipedia, Abortion in the Republic of Ireland

National Advocates for Pregnant Women (U.S.), Punishment of Pregnant Women

everydayfeminism.com

# 4

L’aborto causa dolore al feto

Scientificamente gli studi dicono che il feto non può provare dolore fino alla 26esima settimana gestazionale (terzo trimestre). Il 99% di tutti gli aborti viene praticato entro quest’epoca gestazionale.

La percezione del dolore è un fenomeno biologico e psicologico molto complesso. Per prima cosa la capacità di esperire sensazioni, percezioni e pensieri richiede un numero minimo di neuroni nella corteccia cerebrale e la possibilità che questi comunichino tra loro (formando delle sinapsi). Mentre queste sinapsi iniziano a formarsi intorno al terzo mese, il numero minimo di neuroni non si sviluppa fino alla 31esima settimana, e la maggior parte di essi non è formata fino a dopo la nascita.

In secondo luogo il dolore è un’esperienza soggettiva e richiede un’elaborazione cerebrale che unisce il piano del pensiero, quello emozionale e quello somatico. Il grado di fastidio o trauma causato dal segnale di dolore è direttamente collegato all’anticipazione del dolore, alla comprensione delle sue cause e conseguenze, alla memoria del dolore, agli effetti traumatici persistenti, e anche a diversi fattori personali e culturali. Perciò è alquanto incerto il fatto che al terzo trimestre un feto possa sentire dolore, poichè non è cosciente – è piuttosto in un “continuo stato dormiente di non-coscienza o sedazione” (RCOG 2010) – ed è in un ambiente molto diverso da quello in cui vivono i neonati. Come spiega l’esperto di dolore fetale Stuart W.G. Derbyshire:

“Il grembo materno è un ambiente caldo in cui si galleggia e dove un cuscino fluido esclude il feto dalla stimolazione tattile. In contrasto con questo ambiente ovattato, l’intensa stimolazione tattile della nascita e la conseguente separazione del neonato dalla placenta stimolano l’inizio dell’attività comportamentale e del risveglio nel bambino appena nato”

Derbyshire riassume la ricerca sul dolore fetale come segue:

  • Il sistema neuroanatomico del dolore può essere considerato completo entro la 26esima settimana di gestazione.
  • Un sistema neuroanatomico sviluppato è necessario ma non sufficiente per provare la sensazione di dolore..
  • La possibilità di esperire, soggettivamente, il dolore richiede lo sviluppo del cervello e della mente (dopo la nascita, attraverso l’interazione con altri soggetti).
  • L’assenza di dolore nel feto non risolve la questione morale sull’aborto, ma porta degli argomenti contro gli sforzi giuridici e clinici di mettere il dolore al centro della questione sull’aborto.

Fonti:

www.publiceye.org

British Medical Journal, Can fetuses feel pain? by Stuart WG Derbyshire (2006)

Pro-Choice Action Network, Fetal Pain: A Red Herring in the Abortion Debate, by Joyce Arthur (2004)

Royal College of Obstetricians and Gynecologists (RCOG), Fetal Awareness: Review of Research and Recommendations for Practice (2010)

New York Times – Complex Science at Issue in Politics of Fetal Pain, by Pam Belluck, Sept 16, 2013