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Le donne hanno un tasso di mortalità più alto dopo l’aborto

Il parto è almeno 14 volte più pericoloso dell’aborto, come dimostrano i dati degli Stati Uniti. Uno studio del 2012 ha rilevato che il tasso di mortalità associato alla gravidanza tra le donne che hanno partorito bambini vivi è stato di 8,8 morti per 100.000 nati vivi (media annua, tra il 1998 e il 2005). Il tasso di mortalità per aborto indotto nello stesso periodo è stato di 0,6 morti per 100.000 aborti. Tuttavia, i tassi di mortalità materna negli Stati Uniti sono peggiorati notevolmente: nel 2015 sono stati registrati 26,4 decessi ogni 100.000 nati vivi (parte dell’aumento, ma non tutto, potrebbe essere attribuibile a un miglioramento delle segnalazioni), anche se i tassi continuano a diminuire in altri Paesi sviluppati. Non ci sono prove di un aumento dei decessi legati all’aborto negli Stati Uniti.

Su 4,2 milioni di gravidanze (dati 2008) che ogni anno si concludono con un nato vivo negli Stati Uniti, 700 donne muoiono (dati 2017) e oltre 2 milioni di donne soffrono di complicazioni della gravidanza, di cui 20.000 in pericolo di vita (dati 2008). In confronto, solo 5 o 6 donne americane muoiono ogni anno a causa dell’aborto, anche se almeno 1 gravidanza su 5 termina con un aborto.

L’enorme differenza tra la sicurezza del parto e quella dell’aborto si ripete in tutti gli altri paesi in cui l’aborto è legale. Il motivo per cui esiste il mito “l’aborto è pericoloso” è perché il movimento anti-choice interpreta male gli studi che sembrano dimostrare che le donne che abortiscono hanno maggiori probabilità di morire in seguito, rispetto alle donne che partoriscono. Un esempio chiave è uno studio finlandese del 2004, spesso citato dagli attivisti anti-choice, che ha rilevato che le donne che abortiscono hanno maggiori probabilità di morire per qualsiasi causa fino a un anno dopo l’aborto, rispetto a quelle che partoriscono – in particolare, di solito viene citato il rischio di morte per suicidio, anche se un altro studio non ha trovato questa correlazione.

Il punto chiave è che la correlazione non equivale alla causalità, il che significa che potrebbero essere altri fattori a portare ad un aumento del rischio di morte, non l’aborto di per sé. Le donne che abortiscono non dovrebbero mai essere paragonate alle donne con gravidanze desiderate che partoriscono, poiché sono due gruppi abbastanza diversi. Le ultime tendono a trovarsi in situazioni di vita più stabili e sane, mentre le donne che scelgono l’aborto lo fanno spesso a causa di circostanze di vita difficili, come cattiva salute, età (troppo giovane, troppo vecchia), povertà, abuso dea parte del partner, abuso di droghe o alcol, problemi psicologici o altri problemi. Sono questi fattori che portano ad un aumento del rischio di morte per le donne che abortiscono, non l’aborto di per sé. (Inoltre, l’aumento del rischio di morte è piuttosto ridotto).

Fonti:

Obstetrics & Gynecology, The comparative safety of legal induced abortion and childbirth in the United States. Raymond & Grimes (2012)

National Public Radio – U.S. Has The Worst Rate Of Maternal Deaths In The Developed World (2017)

British Journal of Psychiatry, AC Gilchrist et al, Termination of pregnancy and psychiatric morbidity (1995)

Centers for Disease Control, Pregnancy Related Deaths (2017)

CDC’s Abortion Surveillance System FAQs (2013)

Guttmacher Institute, Induced Abortion in the United States (2017)

American Journal of Obstetrics & Gynecology, Pregnancy-associated mortality after birth, spontaneous abortion, or induced abortion in Finland, 1987-2000 (Gissler et al., 2004)

Pro-Choice Action Network, Beware of meaningless studies by anti-choice researchers (2003)